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Compito n.7 gennaio 20, 2009

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Prima che mi venisse assegnato questo incarico non sapevo nemmeno dell’esistenza di Delicius e quando ho letto il nuovo compito mi sono preoccupata subito per l’istallazione. Preoccupazione inutile perchè è stata facilissima nonostante il mio inglese non sia molto brillante. Trovo questa applicazione veramente utile perchè avendo registrato i miei bookmarks riesco ad aprire immediatamente le pagine web che utilizzo più frequentemente e trovo la possibilità di poter condividere i vari “preferiti” sia un ulteriore vantaggio a disposizione dei vari utenti della rete.

http://delicius.com/chia83

Compito n.6 gennaio 20, 2009

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Ho letto attentamente l’articolo di Stephen Downes sulle “Sette abitudini di persone altamente connesse” e condivido le sue affermazioni pur essendo cosciente del fatto di possedere solo alcune delle caratteristiche descritte da questo autore. Ritengo che i primi due requisiti, cioè la ricettività e il perseguimento del flusso siano le qualità principali che una persona altamente connessa debba possedere per poter usufruire al meglio delle potenzialità della rete; infatti il mondo del Web è in continua evoluzione e quindi bisogna saper adattarsi all’ambiente cercando di percepire le tendenze del momento. Inoltre concordo anche col punto riguardante l’ RTFM, Read the final manual, che sta per “leggi i manuali” in quanto penso che la gente dovrebbe fare lo sforzo di imparare da sè prima di cercare istruzioni da altri, perchè quasi tutto ciò che una persona potrebbe aver bisogno di sapere è  memorizzato da qualche parte online e prendersi del tempo e sforzarsi di cercare in questo lavoro fatto da altri non è solo una forma di rispetto ma dimostra anche un certo grado di competenza e fiducia in sé. Molto importanti sono anche la condivisione e la cooperazione, attraverso le quali possiamo stabilire un rapporto con gli altri utenti della rete condividendo le nostre conoscenze mettendole al servizio di chiunque ne voglia usufruire.

Per quanto riguarda la mia persona ritengo di non essere quella che viene definita una persona altamente connessa, direi piuttosto che sono “mediamente connessa”, cioè non rispecchio a pieno queste qualità in quanto devo ancora riuscire a capire come sfruttare al meglio le risorse che il Web mi offre, cercando di collaborare molto  più frequentemente con gli utenti della rete.

Basquiat e l’arte di strada gennaio 20, 2009

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Nel 1981, a 19 anni, Jean Michel Basquiat, da sconosciuto artista di graffiti divenne di colpo uno degli artisti più richiesti, controversi e alla moda. Le sue mostre venivano annunciate come avvenimenti di gran rilievo della stagione newyorchese, i collezionisti e i musei più importanti ne comperavano le opere. Nel 1988 muore a 27 anni. Primo artista nero ad emergere nel mondo dell’arte dominato dai bianchi, la sua precoce morte ci dimostra che fu sì vittima di quel mondo, ma ebbe anche un successo prodigioso.Ancora oggi, a quasi venti anni dalla morte, i suoi lavori e il suo linguaggio continuano ad affascinare e far discutere il pubblico e la critica di tutto il mondo.

A mio avviso è stato e continua ad essere uno dei migliori artisti di strada mai esistiti.

Per chi non ne avesse mai sentito parlare o visto una sua opera  inserisco   in questo post alcune informazioni sul suo stile e alcune immagini.

Lo stile:

La pittura di Jean Michel Basquiat non è classificabile in una corrente ufficiale; egli si definiva un “analphabet artist”, forse per la somiglianza delle sue opere con i disegni dei bambini, ma ad ogni modo sono riscontrabili fattori che accomunano i vari quadri.

Il pittore non usa cornici e spesso le tele sono stese su assi rozzamente incrociate. Il tratto è decisamente marcato e le pennellate molto corpose; questi elementi fanno in modo che l’arte di Basquiat sia un’arte povera, dei bassifondi, e proprio questo senso di decadenza era un’ottima espressione della caduta dei grandi ideali che ha caratterizzato gli anni Ottanta del nostro secolo. Basquiat era dunque un artista simbolo del suo tempo e proprio per questo il suo successo fu strepitoso e fulminante.

 Molti accomunano questo pittore agli espressionisti, ma la sua denuncia sociale avviene tramite la rozza semplicità dei tratti infantili e non grazie all’elaborata contorsione dei colori e delle figure caratteristica di quella corrente.

Elemento originalissimo è poi la scrittura; Basquiat, infatti, riempie ogni sua tela di innumerevoli parole che diventano un vero e proprio elemento compositivo del quadro.

A volte l’artista scrive solo il titolo dell’opera, ma più di frequente troviamo elenchi lunghissimi spesso coperti con poderose pennellate. Non è ben chiaro perché il pittore abbia effettuato una tale scelta espressiva, ma senz’altro ogni parola aggiunge particolari indispensabili per il significato complessivo dell’opera e questo nuovo modo di fare arte ci fa riflettere sull’estetica della scrittura, che così non è più solo significato ma anche armonia di suono e di forma.
Dopo la sua morte Jean Michel Basquiat era più o meno scomparso dal mercato artistico e il suo ricordo sembrava più che altro legato a quello di Andy Warhol. Nel 1996 però Julian Schnabel, con il suo film, riportò l’amico pittore alla memoria del grande pubblico e lo fece conoscere alle generazioni più giova

Compito n.5 gennaio 20, 2009

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Facebook

La mia esperienza personale con i social network e in particolare con Facebook non può dirsi che positiva. Sono i migliori strumenti per replicare e potenziare i contatti, professionali e non, incontrati nel corso degli anni.

Molti criticano questo strumento di comunicazione perchè pensano che sia inutile interagire con i propri amici tramite il pc, in quanto essendo amici fanno parte della loro vita e se hanno bisogno di sentirli  lo fanno tramite una telefonata.

Ritengo che questo in parte sia vero, cioè gli amici più stretti sono quelli che frequenti durante la settimana, che senti spesso per telefono, con i quali esci la sera ed in questo caso uno strumento come Facebook non sarebbe necessario per comunicare e renderli partecipi della propria vita.

Ma questo social networking invece può essere utilissimo per le persone come me che hanno molti amici che vivono all’estero o in città lontane, che  non riesci a sentire o vedere quando vorresti. Infatti  grazie a Facebook riesco a tenermi aggiornata tremite foto e video  sulle loro  vicessitudini e tramite la chat e la bacheca riesco a parlare con loro  più freqentemente e soprattuto in maniera gratuita.

Qunidi usato in questo modo (sottolineo in questo modo) e con queste finalità ritengo che chi ha  dato vita a questa sorta di comunità virtuale abbia creato un mezzo di comunicazione valido ed efficace.

Compito n.4 dicembre 1, 2008

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PubMed è una banca dati biomedica accessibile gratuitamente on line, sviluppata dal National Center for Biotechnology Information presso la National Library of Medicine, che contiene circa 16 milioni di citazioni di articoli scientifici, di ambito biomedico o di scienze affini, dagli anni ’50 del Novecento ad oggi.

Difronte a questo nuovo strumento di ricerca sono rimasta inizialmente un po’ perplessa perchè, essendo tutto scritto in inglese, avevo paura di non riuscire a capire come utilizzarlo, in realtà non ho avuto nessuna particolare difficoltà e ho iniziato subito a sperimentare.

Ho voluto effettuare una ricerca sulla Demenza Senile, malattia che da anni affligge mio nonno e sulla quale non mi sono mai informata a dovere; perciò ho voluto approfittare di questo nuovo mezzo per saperne di più.

Al principio ho eseguito uno studio generico senza inserire nessun criterio di selezione e il risultato è stato un numero spropositato di articoli trattanti questa malattia: 7219 ( troppi!!!!)

Allora per ridurre il campo di azione ho introdotto alcuni fattori: genere maschile ed età superiore a 65 anni ( più o meno l’età che aveva mio nonno quando è stato colpito da questo morbo). In questo modo il numero di documenti si è ridotto a soli 25, permettendomi così di analizzare articoli più attinenti al mio caso e nonostante il mio inglese non troppo brillante sono riuscita a sapere qualcosa in più su questa patologia, prendendo visione anche di altri casi simili a quello di mio nonno.

A seguito di questa mia sperimentazione su PubMed ritengo che questo strumento, oltre ad essere  un valido mezzo per la condivisione e lo scambio delle  pubblicazioni mediche, sia utile per chiunque voglia eliminare dubbi o aggiungere nuove nozioni riguardanti una data malattia.

Il bacio nell’arte novembre 28, 2008

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Parlavamo d’un…”

“bacio. Nè vedo in verità
perchè la vostra bocca sia così timorosa.
Se la parola è dolce, che sarà mai la cosa?
Irragionevol tema non vi turbi la mente:
poco fa non lasciaste quasi insensibilmente
l’arguto cinguettio per passar senza schianto
dal sorriso al sospiro e dal sospiro al pianto?
Ancora un poco, un poco solo ancora, vedrete:
non c’è dal pianto al bacio che un brivido…”

“Tacete !”

“Ma poi che cosa è un bacio? Un giuramento fatto
un poco più da presso, un più preciso patto,
una confessione che sigillar si vuole,
un apostrofo roseo messo tra le parole
<<t’amo>>; un segreto detto sulla bocca, un istante
d’infinito che ha il fruscio di un’ape tra le piante,
una comunione che ha gusto di fiore,
un mezzo di poteri respirare un po’ il cuore
e assaporarsi l’anima a fior di labbra…”

(Cyrano De Bergerac)

Il bacio, l’apostrofo rosa tra le parole “Ti amo” è una musica sensuale, una romantica poesia, un segno d’intimità, un gesto semplice ma così forte che può sconvolgere la vita.
Cosa c’è di più bello del primo bacio dato ad una persona? E’ il modo più semplice e bello per avere la certezza che ci si piace . Pochissimi gesti hanno mantenuto nei millenni e nei diversi continenti lo stesso valore, come invece è accaduto al bacio e viene spontaneo chiedersi se il bacio è sempre esistito.

Certo è che il bacio ha avuto e continua ad avere un ruolo centrale nella letteratura e nell’arte di tutti i tempi. Questo momento ha ispirato l’immaginazione e la creatività di molti: da Giotto a Canova, da Rodin a Picasso, che hanno rappresentato in innumerevoli modi un gesto al quale, per qualche misteriosa ragione, siamo soliti riferire il principio e la fine dei nostri più intensi sentimenti.

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Compito n.3 novembre 24, 2008

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Che cosa è un file pdf???

Sinceramente fino ad ora non me lo sono mai chiesto perchè non ho mai dovuto scrivere un testo in questo formato e mi sono sempre limitata a scaricare file di questo genere quando la situazione me lo richiedeva e anzi il fatto di non poter estrapolare parti di testo  oppure modificarlo mi ha sempre infastidito. Perciò ho ritenuto utile approfondire l’argomento cercando informazioni su Internet.

La sigla Pdf sta per Portable Document Format ed indica un formato standard di file elettronico creato dall’ Adobe Inc. Tale formato permette di convertire un qualsiasi documento elettronico, sia esso un documento Word, Excel, Photoshop, Pagemaker o altro, in un file che abbia determinate caratteristiche:

  1. Un file PDF risulterà visualizzabile, leggibile e stampabile da qualsiasi sistema operativo  e questa caratteristica definisce il formato pdf multipiattaforma;
  2. Un file PDF sarà una riproduzione esatta del layout originale: colori, immagini, caratteri, font ed altro. Le informazioni del file sorgente rimarranno inalterate a prescindere dall’applicazione utilizzata per creare il file.
  3. Un file PDF potrà inoltre presentare anche un alto livello di interattività permettendo di inserire tavole di contenuti, indici e oggetti.
  4. Un file PDF è affidabile.
  5. Un file PDF è garanzia di sicurezza. Sarà possibile rendere unico un file proteggendo il contenuto mediante firme digitali o password.
  6. Lo standard PDF è uno standard aperto. Tutti hanno la possibilità di creare applicazioni che permettano la visualizzazione, la lettura e la creazione di file PDF senza pagare i diritti (royalties) alla Adobe Systems.

Il formato pdf ha rivoluzionato la diffusione dei documenti sulla rete e migliaia di aziende hanno scelto di diffondere i loro documenti in questo formato perchè garantisce affidabilità, portabilità e compatibilità indipendentemente dalla piattaforma che si sta utilizzando.

Dopo aver letto queste informazioni ho capito che quello che prima mi infastidiva, cioè la possibilità di non interagire in maniera semplice con il documento in formato pdf, in realtà è utile per evitare che persone non autorizzate si approprino del lavoro altrui o modifichino senza permesso il testo.

Quindi il file pdf può rappresentare una sorta di tutela per chi vuole emettere informazioni su Internet.

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La pallavolo che passione!!! novembre 24, 2008

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Vorrei dedicare questo post ad una delle mie più grandi passioni: la pallavolo!!!!!!!

L’amore per il volley è nato sui banchi delle scuole elementari, non perchè guardassi, come del resto tutte le bambine della mia età, il mitico cartone animato di Mila e Shiro ma grazie al mio maestro di educazione fisica di quinta elementare Marino Fenzi, il quale si accorse della mia attitudine per questo sport e mi spinse ad intraprenderlo. Così in prima media decisi di iscrivermi ad un corso di pallavolo, ma vivendo in un piccolo paese dovetti segnarmi alla polisportiva più vicina, la Libertas Rosignano, anche se mio padre era contrario, non tanto per lo sport, anzi era felicissimo che praticassi uno disciplina di squadra, quanto per l’orientamento politico della società. Ma non essendoci alternativa mi iscrissi lì e quella rimase la mia società per oltre 10 anni.

In pochissimi anni, sono passata da giocare con ragazze della mia stessa età a militare in campionati con giocatrici molto più grandi di me, tanto che a 15 anni già appartenevo alla prima squadra del Rosignano Volley (ex Libertas Rosignano) che militava in serie C.

Dalla prima alla quinta superiore la mia vita è stata caratterizzata da numerosi sacrifici per questo sport, le mie giornate si svolgevano così: sveglia alle sei e mezzo di mattina per andare a scuola a Livorno, rientravo per pranzo alle 14.30, studiavo e alle 18/19 avevo gli allenamenti a Rosignano Solvay fino alle 22/23. Sacrifici non solo per me ma anche per i miei genitori che tutte le sere mi accompagnavano in palestra e tre ore dopo mi venivano a riprendere.

Però tutto questo mi ha regato grandi soddisfazioni ed emozioni: una promozione in B2, una chiamata per la selezione regionale, tornei nazionali vinti ecc… ma soprattutto mi ha aiutato a diventare la persona socievole che sono adesso, abbattendo ed eliminando il mio carattere timido e introverso, permettendomi così di stringere nuove amicizie che col tempo poi sono diventate uniche.  Inoltre questo sport ti aiuta a capire l’importanza del lavoro di squadra, difatti gli errori che si commettono vengo attribuiti a tutto il sestetto in campo e non solo ad una persona.

Oggi, a causa di alcuni problemi fisici e degli impegni che col tempo sono diventati sempre più numerosi (Università, Lavoro…), non pratico più questo bellissimo sport a livelli agonistici ma da pochissimo tempo ho riniziato a giocare a livello amatoriale perchè la passione per questo gioco è troppo forte e il volley avrà sempre un posto speciale nel mio cuore e nella mia vita!!!

La nostra generazione novembre 24, 2008

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“Lo scopo di questa missiva è quello di rendere giustizia ad una generazione, quella di noi nati agli inizi degli anni ’80 (anno più, anno meno), quelli che vedono la casa acquistata allora dai nostri genitori valere oggi 20 o 30 volte tanto e che pagheranno la propria fino ai 50 anni. Noi non abbiamo fatto la guerra, né abbiamo visto lo sbarco sulla luna, non abbiamo vissuto gli anni di piombo, né abbiamo votato il referendum per l’aborto e la nostra memoria storica comincia coi Mondiali di Italia ’90. Per non aver vissuto direttamente il ’68 ci dicono che non abbiamo ideali, mentre ne sappiamo di politica più di quanto credono e più di quanto sapranno mai i nostri fratelli minori e discendenti. Babbo Natale non sempre ci portava ciò che chiedevamo, però ci sentivamo dire, e lo sentiamo ancora, che abbiamo avuto tutto, nonostante quelli che sono venuti dopo di noi sì che hanno avuto tutto, e nessuno glielo dice. Siamo l’ultima generazione che ha imparato a giocare con le biglie, a saltare la corda, a giocare al lupo che frutta vuoi, a un-due-tre-stella, e allo stesso tempo i primi ad aver giocato coi videogiochi, ad essere andati ai parchi di divertimento o aver visto i cartoni animati a colori. Abbiamo indossato pantaloni a campana, a sigaretta, a zampa di elefante e con la cucitura storta; la nostra prima tuta è stata blu con bande bianche sulle maniche e le nostre prime scarpe da ginnastica di marca le abbiamo avute dopo i 10 anni. Leggevamo il Paninaro i topolini e l’Intrepido. Andavamo a scuola quando il 31 ottobre era la vigilia dei Santi e non Halloween, quando ancora si veniva bocciati, siamo stati gli ultimi a fare la Maturità e i pionieri del 3+2. Siamo stati etichettati come Generazione X e abbiamo dovuto sorbirci Sentieri e i Visitors, Twin Peaks e Beverly Hills (alora ti piacevano, vai a rivederli adesso, vedrai che delusione). Abbiamo pianto per Candy-Candy, ci siamo innamorate dei fratelli di Georgie, abbiamo riso con Spank, ballato con Heather Parisi, cantato con Cristina D’Avena e imparato la mitologia greca con Pollon. Siamo una generazione che ha visto Maradona fare campagne contro la droga. Siamo i primi ad essere entrati nel mondo del lavoro come Co.Co.Co. e quelli per cui non gli costa niente licenziarci. Ci ricordano sempre fatti accaduti prima che nascessimo, come se non avessimo vissuto nessun avvenimento storico. Abbiamo imparato che cos’è il terrorismo, abbiamo visto cadere il muro di Berlino, e Clinton avere relazioni improprie con la segretaria nella Stanza Ovale; siamo state le più giovani vittime di Cernobyl; quelli della nostra generazione l’hanno fatta la guerra (Kosovo, Afghanistan, Iraq, ecc.); abbiamo gridato NO NATO, fuori le basi dall’Italia, senza sapere molto bene cosa significasse, per poi capirlo di colpo un 11 di settembre. Abbiamo imparato a programmare un videoregistratore prima di chiunque altro, abbiamo giocato a Pac-Man, odiamo Bill Gates e credevamo che internet sarebbe stato un mondo libero. Siamo la generazione di Bim Bum Bam, di Clementina-e-il-Piccolo-Mugnaio-Bianco e del Drive-in. Siamo la generazione che andò al cinema a vedere i film di Bud Spencer e Terence Hill. Quelli cresciuti ascoltando gli Europe e Nik Kamen, e gli ultimi a usare dei gettoni del telefono. Ci siamo emozionati con Superman, E.T. o Alla Ricerca dell’Arca Perduta. Bevevamo il Billy e mangiavamo le Big Bubble, ma neanche le Hubba Bubba erano male; al supermercato le cassiere ci davano le caramelline di zucchero come resto. Siamo la generazione di Crystal Ball (“con Crystal Ball ci puoi giocare”), delle sorprese del Mulino Bianco, dei mattoncini Lego a forma di mattoncino, dei Puffi, i Voltrons, Magnum P.I., Holly e Benji, Mimì Ayuara, l’Incredibile Hulk, Poochie, Yattaman, Iridella, He-Man, Lamù, Creamy, Kiss Me Licia, i Barbapapà, i Mini-Pony, le Micro-Machine, Big Jim e la casa di Barbie di cartone ma con l’ascensore. La generazione che ancora si chiede se Mila e Shiro alla fine vanno insieme. La generazione che non ricorda l’Italia Mondiale ’82, e che ci viene un riso smorzato quando ci vogliono dare a bere che l’Italia di quest’anno era la favorita. L’ultima generazione a vedere il proprio padre caricare il portapacchi della macchina all’inverosimile per andare in vacanza 15 d’Agosto.
L’ultima generazione degli spinelli. Guardandoci indietro è difficile credere che siamo ancora vivi: viaggiavamo in macchina senza cinture, senza seggiolini speciali e senza air-bag; facevamo viaggi di 10-12 ore e non soffrivamo di sindrome da classe turista. No avevamo porte con protezioni, armadi o flaconi di medicinali con chiusure a prova di bambino. Andavamo in bicicletta senza casco né protezioni per le ginocchia o i gomiti. Le altalene erano di ferro con gli spigoli vivi e il gioco delle penitenze era bestiale. Non c’erano i cellulari. Andavamo a scuola carichi di libri e quaderni, tutti infilati in una cartella che raramente aveva gli spallacci imbottiti, e tanto meno le rotelle!! Magiavamo dolci e bevevamo bibite, ma non eravamo obesi. Al limite uno era grasso, non dicevi quello è obeso. Ci attaccavamo alla stessa bottiglia per bere e nessuno si è mai infettato. Ci trasmettevamo solo i pidocchi a scuola, cosa che le nostre madri sistemavamo lavandoci la testa con l’aceto. Non avevamo Playstation, Nintendo 64, videogiochi, 99 canali televisivi, dolby-surround, cellulari, computer e Internet, però ce la spassavamo tirandoci gavettoni e rotolandoci per terra tirando su di tutto, bevevamo l’acqua direttamente dalle fontane dei parchi, acqua non imbottigliata, che bevono anche i cani! E le ragazze si intortavano inseguendole per toccar loro il sedere e giocando al gioco della bottiglia o a quello della verità, non in una chat dicendo 🙂 😦 😛 Abbiamo avuto libertà, fallimenti, successi e responsabilità e abbiamo imparato a crescere con tutto ciò. Tu sei uno dei nostri? Congratulazioni a tutti coloro che hanno avuto la fortuna di crescere come bambini, per l’ultima volta.”

Compito n.1 novembre 24, 2008

Posted by chia83 in compiti prof..
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L’articolo del prof. Wesch, presentato alla nostra attenzione dal prof. Formiconi, tratta di un argomento di estrema attualità.

Il problema della disattenzione e del “tiravantismo” degli studenti risalgono a molti anni anni fa prima ancora che venissero inventati iPod e utilizzati sistemi di messaggeria istantanea. Questo ci fa capire che il problema di base, come sostiene Wesch, non sta nella tecnologia ma è radicato nelle modalità di insegnamento.

L’ affermazione “gli studenti odiano la scuola ma vogliono imparare” lascia intendere che sarebbe doveroso cambiare l’ approccio alla lezione e usare ciò che può sembrare un ostacolo (iPod, Facebook…) come  mezzo per catturare l’attenzione dei ragazzi e di renderli partecipi.

Al giorno d’oggi sembra che molti insegnanti non abbiano ancora capito che gli studenti hanno bisogno di essere parte attiva nella loro istruzione; non vogliono più prendere parte a delle lezioni dove il professore si litima ad esporre una serie di nozioni con espressioni identiche a quelle presenti sul libro di testo. Difatti, in questo modo la lezione diventa inutile e risulta solo una perdita di tempo poichè possiamo benissimo leggere il manuale a casa risparmiandoci così il viaggio in facoltà.

Quindi, a mio avviso, l’Università e l’insegnamento che propone dovrebbero subire delle modifiche che permettano di cancellare le ormai antiquate modalità di approccio alle lezioni e di utilizzare nuovi metodi di apprendimento che rispecchino l’attuale contesto globale e che prevedano l’utilizzo dei nuovi mezzi di comunicazione, permettendo così agli studenti di essere parti attive nel loro percorso formativo.